giovedì 15 gennaio 2009

al di là della conferma visiva cap.2

Oggi sperando di fare cosa gradita a tutti quelli operatori che sono impegnati nel settore dell’integrazione scolastica degli alunni disabili ed in particolare con minorazione visiva, pubblichiamo ilSecondo Capitolo del libro di Maria Stefania Dolcino Bolis: “Al di la’ della confermma visiva”.

CAPITOLO SECONDO
La capacità di analisi e di sintesi tattile relative alla materia e alla forma



Chi possiede l'integrità dei sensi - vista, udito, olfatto, gusto, tatto e senso cinestesico –difficilmente, proprio per la naturalezza con cui avviene la reciproca compensazione, si sofferma a ponderare la mutua collaborazione dei ricettori sensoriali a livello cerebrale.
Ancora meno frequentemente si considera quale grande peso abbia l'esperienza acquisita attraverso le percezioni sensoriali, sulle stesse modalità di ricezione e d'interpretazione.
Consideriamo, ad esempio, un bambino di quattro anni: già cosciente d'una certa relazione posizionale tra gli oggetti; già padrone d'un certo concetto di forma e di dimensione; ancora scevro della consapevolezza che il nostro occhio percepisce una realtà deformata. E’ probabile che disegni un fiore con un'approssimata forma di fiore, così come riuscirà a riprodurre un bambino - se stesso? - già dotato di una forma funzionale. Probabilmente egli saprà anche mettere in relazione i due elementi, ma "a modo suo", non come l'occhio li vede. Potrà dimensionarli secondo un taglio emotivo, psicologico, funzionale, sociale, ma certamente non oggettivo; non secondo un rapporto dimensionale matematico.
La sua mente, spinta dall’esperienza ad un continuo riadattamento, evolverà la propria capacità di ricezione a livello cerebrale, fino a quando esperienza e maturità nervosa avranno raggiunto un livello di reciproca conferma. In quel momento la coscienza dell'effetto prospettico con cui la nostra mente, attraverso il canale visivo, percepisce la realtà, giustificherà anche ogni esperienza precedentemente acquisita come un fatto episodico, non ancora accettato quale effetto di una ben precisa modalità di elaborazione degli stimoli ambientali da parte dei recettori sensoriali.
Il bambino non vedente, sulla base di una sempre maggior esperienza tattile, compenserà questa modalità con altre forme di evoluzione. Dunque ogni suo traguardo cognitivo, di comprensione della realtà, verrà costruito passo passo sulle rielaborazioni mentali di esperienze acquisite tramite il senso del tatto, supportato da quello cinestesico, dall'udito e dall'olfatto; esperienze che anche in questo caso verranno "riposte" in attesa del momento adatto a trasformarle in postulati.
La compensazione della mancanza di percezione formale "a distanza", o comunque prettamente visiva, avviene attraverso una diversa acquisizione della spazialità. Ciò si struttura attraverso particolari esperienze che vanno incoraggiate, almeno fino a quando il ragazzo, non ne comprenda da solo il valore e il fine.
Perché la mente possa rielaborare dei concetti formali corretti, le esperienze tattili manuali e posizionali, mirate alla conoscenza di determinati oggetti, dovranno essere guidate, così da accrescerne la qualità; contemporaneamente esse saranno classificate sulla base di una quantità sufficiente, affinché sia possibile costruire una "regola" di forma, di posizione o di funzione.
Si può dire perciò che ognuno dei livelli di percezione raggiunto è sintesi di una serie di rielaborazioni, che, per approssimazioni successive, hanno prodotto un grado diverso e certamente superiore di conoscenza.
Conoscenza che è molto difficile da comprendere per coloro ai quali il senso della vista non fa difetto; sotto questo profilo, esso può perfino diventare un'interferenza. Per esempio, per chi non dispone del senso dell'udito, toccare una membrana tipo pelle di pecora, tesa su di un telaio, potrà certamente richiamare la conoscenza di alcuni strumenti a percussione. Nonostante, infatti, l'immagine visiva dei tamburi sia assai differente, sotto l'aspetto formale-visivo, da quella di una pelle scuoiata, il senso del tatto riconosce nell'esperienza attuale (ciò che si sente sotto i polpastrelli della dita) l'affinità tra i due oggetti. Naturalmente, se non è possibile toccare l'oggetto, e in mancanza di una sensazione acustica, per il soggetto resta certamente più difficile rilevare una somiglianza.
Nella stessa situazione, un non vedente, tramite una lieve ispezione tattile - anche un vago sfibramento - correlerà i due oggetti attraverso l'essenza che li affina. In questo caso l'immagine visiva è totalmente vicariata da quella uditiva. In entrambi i casi, comunque, si rileva quanto l'ispezione tattile sia determinante per definire gli oggetti, e quanto l’immagine tattile sia prevalente, rispetto a quella visiva e uditiva, nella loro definizione.
Si può dedurre che: la percezione globale è data dalla sommatoria delle diverse immagini mentali che si integrano tra loro e, contemporaneamente, dalle certezze acquisite con l’esperienza, che si compensano e affinano reciprocamente.
Ecco un altro esempio: l'immagine visiva di un cerchio posizionato con un'angolazione di 45° rispetto al piano orizzontale, è un'ellisse, ma solo la sovrapposizione dell’esperienza tattile e cinestesica permette all'osservatore di valutarne l'inclinazione, stabilendo, di conseguenza che, profondità più inclinazione danno un'immagine deformata rispetto quella che si avrebbe su piani ortogonali al sistema spaziale di riferimento. Questa immagine, a tutti gli effetti, è "naturale", ma solo la complessa e paziente trama delle sensazioni, prima propriocettive, poi esterocettive della spazialità, potrà permetterne una valutazione oggettiva, definendo la reale posizione dell'oggetto anche "a distanza" e nonostante l'evidente contraddizione del messaggio esclusivamente visivo.
L'immagine tattile deriva anch'essa da una ricerca di esperienze formali profonda, ricca e, per eccellenza, propriocettiva poiché mirata all’identificazione di se stessi sia con la forma che con la sua stessa essenza.
Scrive Maurice de Sausmarez1: "Si potrebbe disegnare seguendo indicazioni solo tattili […] addestrandosi a trasferire se stessi nella presenza sostanziale di una forma". Naturalmente, per quanto concerne il controllo dell’eventuale produzione grafica, ciò si riferisce a coloro che hanno il senso della vista integro, ma non vedrei controindicazioni ad un simile esperimento, se riferito ad una riproduzione plastica dell'oggetto, nemmeno per coloro che hanno possibilità di riscontro visivo ridotte o nulle. Anzi sono fermamente convinta che nella scultura, la vista possa giungere a perturbare gravemente l'obiettivo di riprodurre la tridimensionalità, poiché sotto l'aspetto mutevole della luce e secondo l’orientamento della fonte luminosa, la forma assume valenze diverse, creando e smentendo volumi che contribuiscono a rendere ambigua la forma “assoluta”2.
La sensazione tattile di spazio deriva dalla percezione dei rapporti formali esistenti innanzitutto con se stessi - e più precisamente con il nostro corpo per quanto riguarda l'ambiente "a dimensione uomo", e con la nostra mano per quanto riguarda le unità formali minime, "a misura di mano"- successivamente nell'ambito dell'oggetto stesso3, e, infine, nella relazione tra la forma e lo spazio che la contiene o che da essa è definito.
La percezione uditiva, unita alle percezioni della temperatura, olfattive, gustative e cinestesiche, completa il processo cognitivo di costruzione di una certa "immagine" mentale, quale può essere "la piena consapevolezza di un vissuto o la globale conoscenza di un aspetto materiale della realtà4.
"Risulta evidente che il cieco otterrà rappresentazioni sempre più precise tanto più saprà servirsi del suo corpo come recettore di stimoli" scrive Luciano Paschetta; e ancora: "La percezione aptico-cinestesica fonda e garantisce la possibilità di conoscenza del cieco"5.
Anche nella persona svantaggiata a livello psichico, la sensazione tattile è fondamentale per l'assimilazione della forma come un qualcosa di proprio, di vissuto. Essa, inoltre, è coerente nel suo valore di esperienza diretta per l'immediato riscontro che, purché sia buona la capacità ricettiva, opera a livello propriocettivo. II bambino "sente" con il proprio corpo, entra a far parte della forma stessa e della qualità della materia, nel modo più istintivo e naturale; anche senza dover ricorrere a comparazioni logiche, egli può giungere a strutturare un'immagine mentale, forse parziale, forse epidermica, ma comunque già coerente con la natura dell'oggetto.
Ritengo ancora utile osservare che a differenza della sensazione visiva, la sensazione tattile coglie meglio l'aspetto spaziale negli oggetti piccoli, e obbliga invece ad una analisi frammentaria - implicante poi una ricostruzione spaziale differita - negli oggetti di dimensione maggiore, cioè non contenibili tra le due mani o comunque non rapportabili facilmente con la dimensione media del nostro corpo. Ciò è imputabile alla maggiore padronanza della sensazione propriocettiva, che ci permette di identificarci con una forma nel momento in cui riusciamo a sintetizzarla. Non credo che sia fuori luogo assimilare con il "colpo d'occhio" visivo, l'immagine mentale immediata che deriva dall’ispezione tattile di un oggetto "microscopico".
Per capacità di analisi e di sintesi tattile, intendo perciò la capacità di correlare correttamente le intrinseche relazioni di forma, di proporzione, di consistenza, di temperatura, di finitura superficiale, di peso, di "dimensione" di un qualsiasi oggetto, rilevate attraverso il senso del tatto e con ogni altra esperienza sensoriale che si definisca attraverso canali non strettamente visivi, che possa originare immagini mentali diverse.


Scheda: analisi di un oggetto.
Osservazione guidata delle sue caratteristiche (effettuata in classe)
Obiettivo: razionalizzare le percezioni e tradurle in informazioni
Caratteristiche dell'oggetto: ispezionabile con le mani; in questo caso è un piccolo prisma di legno

Ins.: "Ispeziona la forma e dimmi di cosa si tratta".
Sara: "E' un piccolo parallelepipedo".
Ins.: "Sii più precisa".
Sara: "E' a base triangolare".
Ins.: "Bene, allora è un prisma. Adesso dimmi di che materiale è".
Sara: "E' di legno".
Ins.: "Perché?".
Sara: "Perché è di legno".
Ins.: "Prova a spiegare quali particolari ti fanno pensare che sia di legno".
Sara: "Ha la superficie un po' rigata in alcuni punti".
Ins.: "Ti aiuto…Se fosse di ferro…?".
Sara: "Sarebbe più pesante".
Ins.: "Bene, e poi?".
Sara: "Sarebbe arrugginito".
Ins.: "Sforzati di immaginare che sia di metallo...".
Sara: "Freddo!".
Ins.: "Vedi, con un po’ di attenzione hai razionalizzato le sensazioni che l'oggetto produce in te, e che ti danno informazioni sulle sue caratteristiche: la sua forma, il materiale di cui è fatto, il suo peso, la sua finitura superficiale, la sua temperatura e le sue dimensioni".


Prossimamente sarà pubblicato il Terzo Capitolo.
Nel frattempo sono sempre graditi vostri commenti.


Luigi
Per informazioni:
info@centrocresci.it

Sito web:
www.centrocresci.it
1 M. de Sausmarez, Basic design: the dynamics of visual form, Calderini, Bologna, 1974.
2 Per forma “assoluta” si intende la forma in assenza di luce o esposta a luce totale e uniforme; condizione che, sotto l’aspetto visivo, corrisponde ad assenza di profondità, essendo questa data proprio dal contrasto chiaroscurale.
3 Per esempio il rapporto tra peso e ampiezza, che dà immediate informazioni circa la densità del materiale costituente l’oggetto.
4 Per conoscenza si intende: le caratteristiche intrinseche ed estrinseche.
5 L. Paschetta – G. Oberto, Il bambino cieco nella scuola di tutti, Omega, Torino, 1983: dove “percezione aptica” è la percezione che deriva dalle sensazioni tattili della mano.
Anche nella persona svantaggiata a livello psichico, la sensazione tattile è fondamentale per l'assimilazione della forma come un qualcosa di proprio, di vissuto. Essa, inoltre, è coerente nel suo valore di esperienza diretta per l'immediato riscontro che, purché sia buona la capacità ricettiva, opera a livello propriocettivo. II bambino "sente" con il proprio corpo, entra a far parte della forma stessa e della qualità della materia, nel modo più istintivo e naturale; anche senza dover ricorrere a comparazioni logiche, egli può giungere a strutturare un'immagine mentale, forse parziale, forse epidermica, ma comunque già coerente con la natura dell'oggetto.
Ritengo ancora utile osservare che a differenza della sensazione visiva, la sensazione tattile coglie meglio l'aspetto spaziale negli oggetti piccoli, e obbliga invece ad una analisi frammentaria - implicante poi una ricostruzione spaziale differita - negli oggetti di dimensione maggiore, cioè non contenibili tra le due mani o comunque non rapportabili facilmente con la dimensione media del nostro corpo. Ciò è imputabile alla maggiore padronanza della sensazione propriocettiva, che ci permette di identificarci con una forma nel momento in cui riusciamo a sintetizzarla. Non credo che sia fuori luogo assimilare con il "colpo d'occhio" visivo, l'immagine mentale immediata che deriva dall’ispezione tattile di un oggetto "microscopico".
Per capacità di analisi e di sintesi tattile, intendo perciò la capacità di correlare correttamente le intrinseche relazioni di forma, di proporzione, di consistenza, di temperatura, di finitura superficiale, di peso, di "dimensione" di un qualsiasi oggetto, rilevate attraverso il senso del tatto e con ogni altra esperienza sensoriale che si definisca attraverso canali non strettamente visivi, che possa originare immagini mentali diverse.


Scheda: analisi di un oggetto.
Osservazione guidata delle sue caratteristiche (effettuata in classe)
Obiettivo: razionalizzare le percezioni e tradurle in informazioni
Caratteristiche dell'oggetto: ispezionabile con le mani; in questo caso è un piccolo prisma di legno

Ins.: "Ispeziona la forma e dimmi di cosa si tratta".
Sara: "E' un piccolo parallelepipedo".
Ins.: "Sii più precisa".
Sara: "E' a base triangolare".
Ins.: "Bene, allora è un prisma. Adesso dimmi di che materiale è".
Sara: "E' di legno".
Ins.: "Perché?".
Sara: "Perché è di legno".
Ins.: "Prova a spiegare quali particolari ti fanno pensare che sia di legno".
Sara: "Ha la superficie un po' rigata in alcuni punti".
Ins.: "Ti aiuto…Se fosse di ferro…?".
Sara: "Sarebbe più pesante".
Ins.: "Bene, e poi?".
Sara: "Sarebbe arrugginito".
Ins.: "Sforzati di immaginare che sia di metallo...".
Sara: "Freddo!".
Ins.: "Vedi, con un po’ di attenzione hai razionalizzato le sensazioni che l'oggetto produce in te, e che ti danno informazioni sulle sue caratteristiche: la sua forma, il materiale di cui è fatto, il suo peso, la sua finitura superficiale, la sua temperatura e le sue dimensioni".


Prossimamente sarà pubblicato il Terzo Capitolo.
Nel frattempo sono sempre graditi vostri commenti.


Luigi
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venerdì 9 gennaio 2009

Al di là della conferma visiva cap. 1

Riprendiamo la pubblicazione del libro di Maria Stefania Dolcino Bolis, “Al di là della conferma visiva”.
Questo testo lo riteniamo molto utile non solo per gli addetti ai lavori, ma può essere un valido supporto anche per tutti coloro che si avvicinano per la prima volta ai problemi relativi all’integrazione scolastica dei bambini con disturbi visivi.

CAPITOLO PRIMO
La padronanza dello schema corporeo


Durante la crescita il bambino matura il concetto di schema corporeo, concetto che si evolve con lo sviluppo di tutte le funzioni fisiologiche e cognitive in relazione al suo inserimento ambientale e culturale.
Con la consapevolezza della propria strutturazione fisica e funzionale, il ragazzo prende atto delle proprie potenzialità vitali, creative e di relazione.
Nel ragazzo non vedente, o con minorazioni intellettive o motorie, la capacità di relazione spaziale, fisica, con oggetti, ambienti e persone, può essere gravemente limitata se fin dai primi annidi vita, egli non è stimolato a ricercare il rapporto e la familiarità con l'ambiente e con tutto ciò che esso contiene.
Ovviamente, nella prima infanzia le abilità di relazione verranno estese innanzitutto alle persone della famiglia, e prima ancora, al rapporto con la madre - primo ambito in cui la creatura deve riuscire a differenziarsi identificandosi come persona dotata di caratteristiche proprie – e, di seguito, agli oggetti di prima necessità. Gradualmente verranno acquisite le prime relazioni d'uso dello spazio, dunque una prima conoscenza di questo, unita a una prima evoluzione strettamente funzionale (mangiare, vestirsi, spostarsi, soprattutto in ambienti ristretti, camminare, lavarsi, giocare) che, nel caso del bimbo non vedente, è prevalentemente tattile. Contemporaneamente si svilupperanno le abilità di relazione, ovvero le capacità di graduale acquisizione di autonomia affettiva, meglio definibile come capacità di organizzarsi nello spazio e nel tempo, controllando sempre meglio le tensioni affettive, in modo da razionalizzare il modo di vivere se stessi e l'ambiente.
Con l'inserimento scolastico e il primo approccio con la lettura e la scrittura1, il fanciullo tende a concentrare la sua capacità di percezione nell'acquisizione delle abilità di decodificazione e di produzione di testi scritti. Egli è spesso profondamente appagato dall'interesse culturale che gli offre la scuola, unitamente a quanto gli viene dalle relazioni personali con i compagni. Egli ormai conosce e sa usare lo spazio strettamente indispensabile a vivere e ad avere le relazioni affettive essenziali, e soprattutto è padrone dei primi indispensabili mezzi per imparare, comunicare, arricchirsi spiritualmente e creare.
Nel ragazzo non vedente, tutto ciò che finora ha acquisito, a parte la conoscenza superficiale dell'oggetto, gli è stato trasmesso oralmente; così è, per esempio, per l'esperienza corporea di benessere o di malessere, dello stare fermi o dell’essere in movimento, del ripercorrere un itinerario conosciuto da soli, o l'esperienza interiore d'esser lieti o tristi, in presenza di estranei o d'amici. Tutto ciò che generalmente viene appreso per trasmissione visiva, il ragazzo cieco o ipovedente, lo deve imparare attraverso gli altri sensi, e in parte attraverso la descrizione orale degli educatori, dei coetanei e, talvolta, dall'intervento casuale di estranei. Ciò che viene riportato, però, ha la caratteristica di essere filtrato, interpretato da altri: non può essere perciò trasmesso né appreso in
modo veramente oggettivo o, più precisamente, personale.
Anche in presenza di minorazioni intellettive o motorie, e dunque in tutti quei casi in cui la percezione è limitata - sia per insufficienza di capacità decodificative, mnestiche o logiche, sia per un'effettiva riduzione della potenzialità motoria alla quale consegue una ridotta esperienza di movimento - il bambino non può raggiungere coi soli mezzi di cui è dotato, la qualità cognitiva dei coetanei. Parleremo più a fondo di questi specifici casi, affrontando l’argomento della concezione spaziale.

Durante l'adolescenza l'individuo ricerca, spesso con grandi crisi, la definizione della propria personalità. In tal senso, dunque, e come ho già detto in premessa, credo che la scuola media debba fornire gli strumenti e rendere noti i mezzi che possano permettere un'adeguata ricerca di se stessi e della propria identità umana e sociale.
Il ragazzo non vedente, più di altri, potrà sentirsi oppresso dalla dipendenza altrui, e comunque vorrà sentirsi, almeno quanto i suoi coetanei, "grande", adulto, libero di esprimersi secondo la propria natura; non è più totalmente appagato dalle amicizie e dalle tantissime cose da imparare: vuole essere padrone di se stesso. E' in questa fase dell'evoluzione che si ripresenta, con urgenza e prepotenza, la necessità di saper gestire la propria corporeità e l'ambiente.
Credo di essere sulla buona strada per comprendere a fondo questo nuovo momento della crescita, affermando che, in esso, il giovane non vedente, se vuole fare un salto qualitativo di autonomia culturale e d'integrazione all'ambiente, deve rimettere in discussione tutto il prprio precedente concetto di spazio.
Nel bambino vedente, il passaggio dalla sensazione propriocettiva alla sensazione esterocettiva avviene spontaneamente e direttamente quando, attraverso i sensi, egli acquisisce òa consapevolezza di percepire e di appartenere al mondo esterno. La vista, nella formazione di questo concetto, è il mezzo che permette l'immediato riscontro delle sensazioni corporali, psicologiche, nervose e anatomiche, a prescindere dalla volontà personale di operare detto riscontro, o dal livello di coscienza individuale: "Il corpo è uno spazio privilegiato percepito dall'interno", dice André Lapierre2 "e che, poco a poco, si organizza e si struttura in rapporto al proprio asse […]. Poi potrà proiettarsi all'esterno. Sarà allora possibile situare gli oggetti in rapporto a sé, in riferimento al proprio corpo, e in un secondo tempo ci si potrà situare in rapporto agli oggetti. Solo dopo aver consolidato queste due tappe il bambino sarà capace di organizzare il mondo all'esterno di se stesso, cioè di situare gli oggetti, gli uni in rapporto agli altri, ma con un punto di riferimento sempre implicito e più o meno cosciente nel suo proprio spazio corporeo".
In assenza del senso della vista, quali saranno le modalità e i tempi di formazione del concetto di corpo, inteso come organismo che percepisce se stesso nella sua proiezione esterna, e quindi quale organismo integrato e integrantesi ad un ambito al di là di se stesso? Fino a che punto potranno essere d'aiuto la spiegazione e le esemplificazioni trasmesse oralmente? E fin dove la verbalità sarà significativa ed interiormente convincente nell'esempliflcazione? Quale valore potranno avere i termini relativi allo spazio, al movimento e alla relazione della forma con lo spazio che la contiene?
II ragazzo non vedente è legato, ancor più che i suoi compagni, a quel punto di riferimento implicitamente contenuto nel proprio spazio corporeo; ne ha fatto ottimo uso, infatti, per acquisire la padronanza della propria percezione tattile, la lettura e la scrittura in Braille, nonché una postura corretta in rapporto a se stesso e in relazione all'ambito interpersonale minimo per la vita di tutti i giorni. Io credo vi faccia appello ogni volta che gli si pone la necessità di riorganizzare il proprio spazio, foss'anche solo nel cambio d’ora delle lezioni o nel cambio d'attività o d'interlocutore.
Ecco, è a questo punto che mi chiedo quando e come, nel giovane non vedente inizia a formarsi la considerazione dell'oggetto quale ente che ha una propria struttura, con punti di riferimento al di fuori dello spazio corporeo umano, e in ogni caso indipendenti da qualsiasi fatto estrinseco a quelle che sono le sue caratteristiche "proprie", di materia, di proporzione e di relazione mutua con altri oggetti.
E mi chiedo anche come, in assenza di un'adeguata educazione "spaziale", intesa come un’educazione al movimento guidato, corredata del lessico specifico e affiancata dall'immediato riscontro tattile-cinestesico (di postura, movimento, consistenza fisica e dimensionale dell’oggetto e dello spazio), l'individuo potrebbe formarsi un reale concetto di spazio, di tempo - e perciò di movimento - soprattutto al di fuori del proprio ambito corporeo.

Non so se ho reso l'idea, ma volendo concludere la riflessione sul primo requisito, definirei sinteticamente quanto discusso, così: per piena e profonda padronanza dello schema corporeo intendo la capacità di organizzazione spazio-temporale, non più condizionata dalle qualità intrinseche di un oggetto, bensì estesa al più vasto mondo delle relazioni tra gli oggetti. Tra essi è incluso anche il proprio stesso corpo visto quale oggetto in movimento - o comunque in relazione spaziale con uno o più altri oggetti – e visto come ente dimensionale in relazione di proporzione con questi - cioè in rapporto con lo spazio che lo contiene.

La pubblicazione dei prossimi capitoli verrà effettuata con cadenza settimanale.
Se lo ritenete sono graditi vostri commenti.

Per informazioni:
info@centrocresci.it
oppure:
luiscer@tiscali.it
1 Nel caso specifico del ragazzo ipo o non vedente, le capacità di percezione e di decodificazione si affineranno anche nell’uso del tatto, con il codice Braille.
2 Cfr. André Lapierre, Il concetto di psicomotricità e la sua evoluzione, Madrid, 1976.