martedì 7 aprile 2009

Aldilà della conferma visiva - cap. 5

Ecco il Capitolo quinto del libro di Maria Stefania Dolcino Bolis: “Al di là della conferma visiva”.

CAPITOLO QUINTO

Avvio ad una concezione creativa, plastico-cinestesica, dello spazio


Nel presentare questo lavoro, introducevo la problematica della strumentazione nell'attività artistica, con una frase di Irene Prat, mia insegnante di artistica dal 1963 al 1966 ed in seguito cara consigliera ed amica, la quale insisteva nel ricordarmi che" quel qualcosa"prima o poi sarei riuscita ad esprimerlo, in modo soddisfacente per me, forse proprio il giorno che, scoraggiata, avrei usato senza più remore lo strumento. E in quel frangente mi raccontava di quando, un giorno della sua giovinezza, riuscì lei stessa ad esprimersi "come sentiva". Esattamente come aveva previsto Felice Casorati, suo maestro.
Uno strumento molto semplice è spesso più che sufficiente. L'essenziale è che sia congeniale a chi lo usa.
In un non vedente, in modo particolare, può essere consigliabile l'uso di un unico strumento, scelto con cura da allievo e maestro, relativamente alle esigenze espressive del discente. Questo per permetterne un uso talmente sciolto e spontaneo da renderlo un tutt'uno con il corpo dell'artista.
Là dove il fine è l'interpretazione espressiva, diretta, della realtà, l'artista non può e non deve essere condizionato da strumenti estranei alla propria corporeità. L'acquisizione della totale padronanza di uno strumento, infatti, equivale all'uso di una parte corporale direttamente coinvolta nell'espressione artistica: ne sono un esempio la pittura con le dita e la danza.
L'espressione è il riflesso simultaneo di una percezione, o l'atto che la interpreta facendola rivivere nello spazio e nel tempo. Uno strumento, uno solo, ma usato con maestria, limita la dispersività e concentra ogni qualità intellettiva ed espressiva sull'intenzione di filtrare la realtà attraverso la propria sensibilità e la propria modalità di percezione.
L'arte è la sintesi di un'interpretazione soggettiva del mondo, della vita, dove la decodificazione delle sensazioni propriocettive ed emotive, viene resa esplicita da un "prodotto" fruibile anche dagli altri, ma essenzialmente fedele all'esigenza espressiva dell'artista:
un'astrazione, dunque, di ciò che è soggettivo in qualcosa di più universale, espresso in forma analogica, per lo più,o prassica.
Una volta acquisita una concezione spaziale convincente, altamente ponderata, consapevole e ben ancorata al proprio modo d'essere e d'intendere la realtà, ci si potrà avviare fiduciosamente allo studio formale dello spazio e impostarne una rielaborazione creativa, prima, e una ideazione originale in seguito, lavorando sempre, profondamente, sul proprio sistema percettivo: su se stessi dunque, e sul rapporto che si ha con l'ambiente.
L'arte deriva proprio da questo rapporto, dalla sintesi di più funzioni mutuamente inscindibili, discendenti da informazioni sensoriali che nascono già condizionate, fuse intimamente fra di loro, a dispetto delle diverse canalizzazioni a livello recettivo.
Ma come l'acquisizione della totale padronanza di uno strumento equivale all'uso di una parte corporea, sicuramente l'acquisizione dell'assoluto controllo posturale, permetterà l'uso della corporeità come mezzo espressivo, sia che l'obiettivo si realizzi in un movimento libero, finalizzato al suo stesso evolversi, come la danza e la mimica, sia che si realizzi in un movimento creativo, finalizzato ad una produzione "esterna" al proprio spazio corporeo, come sostanza e come forma, come la scultura o un'altra qualsivoglia ricostruzione plastica.
E' così che la corporeità si fa strumento della volontà espressiva, ne asseconda l'inclinazione e le inferisce concretezza. Dunque, da
tramite di un fatto creativo, diventa essa stessa arte.
Nella ricerca delle peculiarità della forma spaziale, ho cercato di definire "la strada" che è necessario indicare ad un giovane in
formazione, per incanalare la sua innata curiosità, o voglia di conoscere, e la sua naturale predisposizione a "cercare risposte" tramite
l'uso del canale tattile-cinestesico, prevalentemente, nella ricerca delle linee essenziali e significative che definiscono la geometria di uno spazio attraverso la "metafora" del movimento corporeo.
Nell'avvio ad una concezione spaziale creativa, sempre extra-visiva, propongo l'operazione reciproca di questa. Parto dalle linee essenziali di una forma, sforzandomi di sintetizzarle, interpretando con la massima sincerità possibile l'immagine mentale che ho di questa.
La modellazione plastica parte dalla necessità di creare o di esprimere un'armonia di rapporti formali, dunque ancora attraverso il movimento, non "a perdere", questa volta, ma teso a ricostruire in modo personale e perciò anche eventualmente a modificare le
relazioni intrinseche di una forma, si compie l'atto creativo-espressivo. Atto che, nel caso specifico del non vedente e di chi desidera una verifica formale "al di là della conferma visiva", attinge sensibilità e finalità dall'esperienza tattile , e riesce a ricomporsi "in volume", grazie alla consapevolezza cinestesica dell'artista. Più profondamente, si avvale della capacità di questi, ad operare una valida introspezione a livello sottile, a scavare perciò nella propria essenza, nella propria esperienza, nel proprio modo di interpretare la realtà spaziale, formale, psicologica e percettiva. A cogliere dunque ciò che è l'essenziale d'un vissuto, per il proprio modo di ascoltare, collegare, ricordare.
E tanto più la forma interpretata si discosterà dalla sua stereotipata definizione, tanto più, presumibilmente, l'artista avrà seguito la sua
valutazione personale della realtà, che sarà sicuramente condivisa da, chi possiede il suo stesso patrimonio sensoriale.

Per informazioni:
info@centrocresci.it
Sito web:
www.centrocresci.it

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